Sono 67 le persone sottoposte a misura cautelare (43 in carcere, 17 ai domiciliari, due sottoposte a obbligo di dimora e cinque irreperibili) perché ritenute appartenenti a un sodalizio criminale dedito al traffico di stupefacenti in diversi comuni della provincia di Bari (Putignano, Castellana Grotte, Noci, Alberobello, Locorotondo e Acquaviva delle Fonti). A loro sono contestati anche reati di riciclaggio, sequestro di persona e rapina, detenzione di armi, estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’indagine ‘Partenone’ che ha dato origine al provvedimento, condotta dal 2019 al 2022, ha permesso agli inquirenti di rilevare l’esistenza di un’associazione – è stato spiegato in conferenza stampa – “operante sotto l’egida del clan Capriati” di Bari vecchia, “composta da numerosi adepti e strutturata su base piramidale“. In totale gli indagati sono 120 tra cui il capoclan Filippo Capriati, già detenuto, la moglie Angela e il figlio Sabino, non sottoposti a misura. Uno degli indagati, partito per la Francia pochi giorni fa, è stato arrestato all’estero grazie alla collaborazione della Procura europea Eurojust.

Il clan Capriati – ha detto il procuratore della Repubblica di Bari, Roberto Rossiè riemerso negli ultimi tempi a causa della liberazione di alcuni capi, ma lo Stato si è fatto trovare pronto. La risposta di Procura, ufficio gip e forze dell’ordine è stata tempestiva“. “L’operazione è frutto di un lavoro complesso ed è l’attestazione di ciò che si sa da tempo, cioè che l’area del sud Barese è pesantemente interessata da fenomeni diffusi di spaccio di stupefacenti“, ha rilevato il coordinatore della Dda Francesco Giannella. “Il traffico di stupefacenti – ha aggiunto – veniva gestito direttamente dal carcere da Filippo Capriati attraverso l’utilizzo dei cellulari, sempre più diffusi. Quella dell’uso telefono in cella è un’emergenza alla quale non si riesce a porre rimedio, e permette ai capi di continuare a dirigere l’organizzazione nonostante la carcerazione“.

Una svolta nelle indagini – partite nel 2019 con le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia di Castellana Grotte, Francesco Recchia – è stata rappresentata dalla morte, nel 2020, del referente del clan Capriati a Putignano, Francesco Genchi, che ha creato un vuoto di potere che ha permesso agli investigatori di acquisire importanti informazioni sull’organizzazione.

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